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Fisco: cosa posso fare se ricevo una cartella esattoriale per un tributo non dovuto?

È frequente che il contribuente riceva dall’Agenzia delle Entrate Riscossione una cartella esattoriale contenente una richiesta di pagamento per conto di un ente creditore, ma ritenga di non essere debitore.


Nonostante si possa pensare che, in una simile evenienza, l’unica strada percorribile sia quella di avviare un lungo e costoso procedimento contenzioso volto a chiedere al giudice l’annullamento della cartella, così non è: oltre a quello giurisdizionale, il contribuente dispone di altri rimedi.



Se si ritiene che la somma di cui è richiesto il pagamento non sia dovuta, infatti, è possibile:


1. richiedere lo sgravio di una cartella in autotutela;

2. inviare una richiesta di sospensione della cartella;

3. adire il giudice.


È utile dunque esaminare brevemente ciascuna di queste opzioni.

Per quanto riguarda la richiesta di sgravio in autotutela della cartella, va subito evidenziato che tale istanza va presentata non all’Agenzia delle Entrate Riscossione ma all'ente pubblico titolare del credito verso il contribuente (es. Inps, Comune, ecc.).


Qualora l’ente pubblico che aveva emesso la richiesta di pagamento riconosca il proprio errore, questo procederà a correggerlo mediante “sgravio”: verrà emesso, cioè, un provvedimento di annullamento del tributo.


A tale provvedimento, poi, seguirà:

  • l’invio all’Agenzia delle Entrate-Riscossione, da parte dell'ente creditore, dell’ordine di annullare il debito;

  • la cancellazione dalla cartella esattoriale del tributo non dovuto;

  • l'interruzione del procedimento di riscossione;

  • il rimborso delle somme eventualmente già versate dal contribuente.

Circa tale procedura, è utile segnalare inoltre che essa può essere avviata per richiedere non solo lo sgravio totale ma anche quello parziale, al fine di ottenere un annullamento solo di parte del tributo.


La seconda strada che potrebbe imboccare il contribuente, come anticipato, è quella della richiesta di sospensione della cartella esattoriale.

Tale istanza deve essere inoltrata, entro 60 giorni dalla notifica della cartella, all’Agenzia delle Entrate-Riscossione e mira ad ottenere una sospensione della procedura di riscossione per consentire una verifica della situazione da parte dell’ente creditore.

La procedura in esame può essere attivata in specifici casi previsti dalla legge:

a) se il pagamento del tributo già stato effettuato;

b) se l’ente creditore ha già emesso provvedimento di sgravio;

c) se vi è stata sospensione giudiziale o amministrativa da parte dell’ente creditore;

d) se è intervenuta sentenza che ha annullato la pretesa dell’ente creditore all’esito di un procedimento cui non ha preso parte Agenzia delle Entrate- Riscossione;

e) se è intervenuta prescrizione o decadenza.


Il contribuente deve presentare richiesta di sospensione online oppure presentando apposito modello presso uno sportello di Agenzia delle Entrate, allegando tutta la documentazione in suo possesso.


Se, eseguite le verifiche, l’ente ritiene il pagamento ancora dovuto, ne viene data comunicazione all’Agenzia delle Entrate- Riscossione e la procedura di riscossione riprende.

In caso di silenzio dell’ente creditore, invece, in alcuni casi la legge prevede l’annullamento del debito. Ciò, nello specifico, riguarda i casi a),b) ed e).


L’ultima opzione per il contribuente, infine, è quella del ricorso all’autorità giudiziaria, da proporre secondo le modalità indicate nella cartella esattoriale che si intende impugnare.

In caso di sentenza favorevole al contribuente, l’ente creditore dovrà annullare il tributo.


In caso di mancato annullamento, poi, sarà eventualmente esperibile il ricorso per ottemperanza.

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