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Locazioni commerciali e Covid: valenza delle disposizioni emergenziali

La gravità dell'inadempimento deve essere valutata caso per caso, tenendo conto dell'art. 3 DL n. 6/2020 (Tribunali di Latina n. 1140/2021 e di Roma n. 11336/2021)



Nel primo caso (Tribunale Latina, sentenza 1140 del 1° giugno 2021), l'esercente convenuto nel procedimento di sfratto per il mancato pagamento dei canoni da febbraio a giugno 2020, opponendosi deduceva che esso era stato dovuto alla chiusura forzata dell'attività commerciale nel periodo marzo-maggio 2020 e che, in ogni caso, prima dell'udienza fissata in citazione era stato provveduto all'integrale pagamento del dovuto. Il procedimento era proseguito passando dalla fase sommaria a quella di merito, previo rigetto dell'istanza di rilascio.

Il giudice ha affermato che, pur nella vigenza del principio per cui il pagamento in ritardo dei canoni di locazione non comporta alcuna purgazione della mora, la gravità dell'inadempimento deve essere valutata caso per caso. E, con riguardo al caso concreto, ha osservato come la morosità sia stata in gran parte riconducibile al periodo di chiusura tra marzo e maggio 2020, per poi essere interamente sanata mediante due vaglia postali (tra il mese di giugno e quello di luglio del 2020) immediatamente dopo la ripresa della attività.

Di inadempimento, dunque, certamente si è trattato; senonché esso va esaminato tenendo conto dell'art. 3, comma 6-bis, del d.l. n. 6 del 23 febbraio 2020 (convertito in l. n. 13 del 5 marzo 2020) per il quale “il rispetto delle misure di contenimento di cui al presente decreto è sempre valutato ai fini dell'esclusione, ai sensi e per gli effetti degli artt. 1218 e 1223 c.c., della responsabilità del debitore, anche relativamente all'applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti”.

Il giudice, anche alla luce del principio dell'art. 1375 c.c., ha perciò ritenuto che il ritardo nell'adempimento, non costituendo un grave inadempimento delle obbligazioni contrattuali, non giustificasse la risoluzione del rapporto.

Con tale pronuncia appare nuovamente valorizzato il dettato effettivo della disposizione emergenziale che, lungi dall'autorizzare interventi autoritativi sui contratti in essere, impone una valutazione dell'inadempimento che tenga conto delle difficoltà momentanee procurate alle attività commerciali dai provvedimenti di chiusura e/o restrittivi imposti dalle autorità.

Il giudizio è stato definito con il rigetto della domanda di risoluzione del contratto e con la compensazione delle spese della lite (essendosi comunque verificato - si ripete - un inadempimento da parte del conduttore).


Nel secondo caso (Tribunale di Roma, VI sez. civile, sentenza n. 11336 del 30 giugno 2021), l'esito si è concretizzato, all'opposto, nell'accoglimento della domanda risolutiva promossa da parte locatrice, nel contesto di una controversia più complessa che aveva preso le mosse dall'inadempimento del conduttore del pagamento dei canoni di aprile e maggio 2020 e di parte di quello del mese di giugno (morosità poi ampliatasi a tutte le mensilità successive). È quanto, in poche parole, ha imposto al giudicante di prendere atto di un inadempimento “totale e definitivo”, comunque “grave" poiché concernente "l'intero arco del rapporto contrattuale successivo al marzo 2020 sino all'attualità (...)”.

Qui, riportata la vicenda processuale in forma molto stringata, è importante prestare attenzione ad alcune affermazioni contenute nel lunghissimo ed articolato provvedimento, in quanto idonee a chiarire una volta di più, soprattutto, ciò che non dovrebbe desumersi dalla normativa emergenziale:

  • in materia di locazione è da escludere che la grave situazione epidemiologica ed i provvedimenti limitativi della libera iniziativa economica configurino una ipotesi di impossibilità sopravvenuta, sia con riferimento al pagamento del canone (un'obbligazione di pagamento non può diventare obiettivamente impossibile), sia con riferimento alla impossibilità per la conduttrice di utilizzare la prestazione di controparte, avendo questi messo a disposizione, senza limitazione alcuna, il bene locato;

  • non è l'immobile che diventa inidoneo all'uso, bensì è l'attività che in essa vi si svolge ad essere (temporaneamente) impedita, ciò riguardando ovvero ricadendo nella sfera di rischio dell'imprenditore-conduttore;

  • non sussiste un diritto fondato sulla disciplina emergenziale (e sulla crisi scaturitane) alla sospensione o alla riduzione del canone o ancora alla sua modifica da parte del conduttore che è rimasto nel godimento materiale dell'immobile. né può ritenersi legittima la unilaterale auto-sospensione od autoriduzione dei pagamenti;

  • al di fuori di precise ipotesi disciplinate da disposizioni speciali (sempre emanate in ambito emergenziale), l'obbligo di pagamento del canone per il locale chiuso per l'emergenza Covid-19 non è escluso dal già citato art. 3, comma 6-bis, peraltro essendo state dettate disposizioni in favore delle attività commerciali - quale è, tra le altre, il credito di imposta nella misura del 60 per cento dell'ammontare del canone locatizio - che piuttosto presuppongono il suo avvenuto pagamento.

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