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Pedone inciampa in un tombino? Sì al risarcimento se la persona danneggiata è anziana

La Pubblica Amministrazione è responsabile per i danni cagionati da un tombino mal posizionato sulla strada sottoposta alla sua custodia.

Questo è quanto chiarisce il Tribunale di Napoli, sezione II civile, con la sentenza 22 luglio 2021


1. Esposizione sommaria dei fatti

Non è affatto un segreto che le strade del nostro Paese siano trasandate e pericolose, così come è all’ordine del giorno una crescita esponenziale degli incidenti che si verificano a causa di una loro non perfetta manutenzione.

Ed è proprio in data 22 luglio 2021 che il Tribunale Ordinario di Napoli, II Sezione Civile, pronunciandosi su una questione relativa alla cattiva manutenzione della strada, condannava l’Ente Pubblico per i danni cagionati a una signora di 66 anni.

Sul punto, parte attrice intraprendeva una causa contro il Comune in quanto, mentre stava percorrendo a piedi il marciapiede di una pubblica via, la stessa inciampava su di un tombino mal posizionato e rialzato rispetto al livello stradale, cadendo rovinosamente al suolo e restando ferita al torace e al gomito.

In particolare, a seguito dell’istruttoria svolta in primo grado, si appurava che il tombino, rialzato rispetto al manto stradale e del suo stesso colore, era privo della necessaria segnalazione e che mancava ogni indicazione di pericolo. Parimenti, si accertava che la sconnessione della pavimentazione stradale non era assolutamente visibile, neppure utilizzando la massima diligenza nell’affrontare quel tratto di strada.


2. La natura della responsabilità della Pubblica Amministrazione

Ricostruita la vicenda nei sintetici termini che precedono è interessante osservare come il Tribunale di Napoli, inserendosi nel solco di una giurisprudenza consolidata ormai da decenni, abbia ribadito che la responsabilità della Pubblica Amministrazione, nel caso di danni cagionati alle persone da parte di un bene demaniale di vasta dimensione (una pubblica via, nel caso che ci occupa), sia inquadrabile nella fattispecie di cui all’art. 2051 c.c.

Per gli utenti della strada è ormai un lontano ricordo quell’orientamento giurisprudenziale -certamente per loro più rigoroso e severo - che limitava l’applicabilità della responsabilità oggettiva di cui alla citata disposizione solamente per le categorie di beni demaniali (strade pubbliche) di ridotte dimensioni, ossia ove ne fosse possibile un efficace controllo e una costante vigilanza da parte dello stesso Ente Pubblico, al fine da impedire l'insorgenza di cause di pericolo per gli utenti (in tale senso, ormai superato, si veda Suprema Corte di Cassazione, III Sezione Civile, sentenza n. 20827/2006).


3. La responsabilità da cose in custodia per la Pubblica Amministrazione

Ebbene, appurata l’applicabilità nella fattispecie de qua dell’art. 2051 c.c., rubricato “danno cagionato da cose in custodia”, resta da chiarire in cosa esso si sostanzi e quale sia l’onere della prova per l’utente della strada che ne risulti danneggiato.

Innanzitutto, la recente pronuncia del Tribunale di Napoli ha fatto buon governo dell’orientamento giurisprudenziale e dottrinale pressoché maggioritario il quale riconduce l’art. 2051 c.c. nell’alveo della responsabilità c.d. oggettiva, ossia a prescindere dall’accertamento del carattere colposo dell’attività o del comportamento del custode.

Dei danni lamentati dalla odierna parte attrice, siccome ascrivibili a un bene di proprietà del Comune e in gestione allo stesso, risponde personalmente l’Ente la cui responsabilità risiede, appunto, nel cosiddetto “dovere di custodia”, che, ai sensi dell’art. 2051 c.c., deve definirsi come potere di fatto sulla cosa, di regola corrispondente a una situazione giuridica che sia almeno di detenzione qualificata e che conferisca al custode la possibilità e l’obbligo, in concreto, di escludere dalla cosa ogni situazione di pericolo.

In altri termini, è costantemente ribadito dalla prevalente giurisprudenza di legittimità che per il verificarsi della responsabilità prevista dall'art. 2051 c.c., è necessaria la prova da parte del danneggiato di un relazione tra la cosa in questione e l'evento dannoso, che risulti cosi riconducibile a una anomalia nella struttura o nel funzionamento della cosa stessa, l’imprevedibilità di tale situazione, nonché l'esistenza di un effettivo potere fisico su di essa da parte del custode, su cui incombe l'obbligo di vigilarla e di mantenerne il controllo, onde evitare che produca danni a terzi.

La responsabilità ex art. 2051 c.c., postula, infatti, la sussistenza di un “rapporto di custodia” della cosa, ossia di una relazione di fatto tra un soggetto e la cosa stessa tale da consentire il potere di controllarla, di eliminare le situazioni di pericolo che siano insorte e di escludere i terzi dal contatto con la cosa (così, di recente e tra le molte, Suprema Corte di Cassazione, II Sezione Civile, ordinanza n. 25018/2020).

In buona sostanza, i presupposti applicativi della responsabilità di cui all’art. 2051 c.c. sono pacificamente ravvisati nel c.d. rapporto di custodia tra la Pubblica Amministrazione e la cosa (nel caso che ci occupa, la pubblica via) e nel fatto che il danno sia derivato dalla cosa stessa, ciò a prescindere dalla condotta del custode (tra le molte si veda, Suprema Corte di Cassazione, III Sezione Civile, sentenza n. 993/2009).

Ebbene, nella pronuncia in commento parte attrice assolveva compiutamente l’onere della prova posto a suo carico: la prova del rapporto di custodia della Pubblica Amministrazione e del nesso di causa la pericolosità della strada e l’evento lesivo, oltre che la non prevedibilità di tale pericolo e la sua non evitabilità.

L’Ente Pubblico, dal canto suo, per esimersi parzialmente o totalmente dalla responsabilità avrebbe dovuto provare l’esistenza di un fattore idoneo a interrompere quel nesso di causa che si sostanzia, in poche parole, nella dimostrazione del cosiddetto caso fortuito, ossia un fattore imprevedibile ed eccezionale. Quest’ultimo può essere ben rappresentato e integrato anche dal fatto del danneggiato che, con la propria condotta avente un’efficacia causale, recide e interrompe il nesso eziologico anzi indicato tra la cosa e l’evento dannoso oppure si affianca allo stesso come ulteriore contributo (concausa) nella produzione del danno.

Nella sentenza in commento, il Tribunale di Napoli respingeva le eccezioni sollevate dal Comune convenuto che si fondavano proprio sul caso fortuito, inteso anche quale condotta negligente della vittima.

Innanzitutto, a dire del giudicante, l’assenza di una qualsivoglia manutenzione della pubblica via rende certamente prevedibile la formazione di una situazione di pericolo, ben rappresentata dalla sporgenza del tombino rispetto al manto stradale. Tale prevedibilità esclude la ricorrenza del caso fortuito che deve presentare le già evidenziate caratteristiche di eccezionalità e imprevedibilità.

In secondo luogo, il Comune convenuto in giudizio eccepiva anche la ricorrenza del caso fortuito rappresentato dal fatto della vittima, la cui condotta doveva porsi quale unica ed esclusiva causa dell’evento lesivo. In particolare, l’Ente imputava alla danneggiata di non aver posto in essere quei poteri di controllo e di impulso che doveva e poteva attivare in quel preciso contesto spazio-temporale al fine di evitare l’evento lesivo.

Sul punto, è opportuno rappresentare che per il consolidato orientamento giurisprudenziale, fatto proprio nella pronuncia in commento, “elide allora il nesso di causalità tra la cosa e l'evento soltanto una condotta della vittima che rivesta il carattere di una peculiare imprevedibilità e con caratteristiche tali che esse si debbano ritenere eccezionali e cioè manifestamente estranee ad una sequenza causale ordinaria o "normale", corrispondente allo sviluppo potenzialmente possibile in un contesto dato secondo l'id quod plerumque accidit”.


Anche in tale caso, il Tribunale di Napoli respingeva le doglianze del Comune, segnalandosi per una motivazione condivisibile e degna di nota.

Il camminare lungo la via pubblica, non costituisce condotta di utilizzo abnorme della strada ovvero eccezionale; anzi, essa costituisce condotta del tutto prevedibile. Né la stessa può ritenersi negligente, imprevedibile e come tale idonea a liberare l’Ente da responsabilità.

In particolare, a dire del giudicante, nel valutare la condotta della parte attrice, “non si può non tenere in considerazione l’età del danneggiato: se è vero che un’attenzione ed un acume particolare è richiesto ad una persona giovane o di media età, l’ordinamento deve avere una minor pretesa nei confronti di una persona anziana”.

In altri termini, è stata giudicata non visibile per una persona anziana l’ostacolo sul marciapiede rappresentato da un tombino mal posizionato e rialzato rispetto al manto stradale.

Di conseguenza, non è stata ritenuta censurabile la condotta di parte attrice ai fini, come visto, della sussistenza del caso fortuito quale esimente di responsabilità per il Comune convenuto.


4. Conclusioni

Insomma, per il Tribunale di Napoli è piena e certa la responsabilità della Pubblica Amministrazione per i danni patiti da una signora inciampata su di un tombino rialzato rispetto al manto stradale. Invero, nella pronuncia in commento si legge che “la fonte di pericolo costituita da una piccola sconnessione non rappresenta per una persona anziana un ostacolo immediatamente percepibile nel punto ove la sconnessione si colloca”.

Pertanto, il principio di diritto che promana da tale pronuncia è che l’interprete, nel valutare la condotta della vittima quale causa di esclusione della responsabilità, “non può ignorare che il parametro di visibilità e conoscibilità della pericolosità della res varia al variare dell’età, posto che è di tutta evidenza che una medesima sconnessione può esigersi come visibile in un soggetto di giovane età e non esigersi viceversa per una persona anziana”.

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